lunedì 25 febbraio 2019

Unicef (e altri enti) porta a porta con i dialogatori


Suona il campanello, fuori dalla porta dell'appartamento una ragazza con una pettorina azzurra e dei fogli in mano. La pettorina dà una idea di "professionalità", penso possa essere un portalettere, anche se avrebbe prima suonato dalla strada.
Chiedo "Chi è?" e mi risponde qualcosa, che in fondo non mi interessa.
Apro la porta e leggo UNICEF sulla pettorina, immagino sia una incaricata di Unicef (e immagino volontaria) che vuole ottenere una donazione.
La ragazza si presenta, si interessa di come sto (anche eccessivamente), chiede il mio nome.
Mi porge un foglio plastificato (più o meno un formato A3 piegato in due). Dò occhiate alle facciate del foglio che riportano per lo più foto di bambini presumibilmente collegate alla causa per cui lei è qui mentre lei mi parla. Ci sono foto e testi che in realtà non guardo o leggo. Nell'ultimo risvolto ci sono delle foto con delle cifre indicate.
Lei mi parla di una emergenza in Bangladesh riguardo a delle bambine di 7-8 anni che vengono rapite per fini esecrabili, ma lei non è qui per rovinarmi la giornata. Immagino infatti che abbia un fine, anche economico.
Lei non è qui per chiedere soldi, non sia mai, ma per proporre una adesione a un piano di versamenti mensili. Raccoglierebbe solo i miei dati e poi tra uno o due mesi partirebbe il prelievo automatico. Si può cessare in qualunque momento, basta chiamare il numero indicato lì.
Le dico che non desidero essere del gioco e che ora che sono stato informato della emergenza potrò raccogliere informazioni e eventualmente donare direttamente a Unicef.
Lei sembra non considerare molto quanto ho detto perché prosegue.
Mi dice che "tutti nel vicinato" stanno partecipando e solo così si può avere una azione importante.
Mette in gioco il "buon cuore".
Le dico che non è cosa.
Mi chiede di spiegarle perché non intendo aderire, sembra interessata (anche perché altrimenti non può provare a smontare le obiezioni).
Le dico che non amo il porta a porta. Lei si dichiara d'accordo, sostenendo che però è un modo per entrare in contatto con la gente. E su questo posso convenire.
Ancora qualche scambio di parole sulla porta mentre noto che lei si è posta appoggiata allo stipite rispecchiando la mia posizione. Starà usando una tecnica di persuasione in modo consapevole? Penso di sì ma appoggiarsi allo stipite mi pare un po' troppo sfrontato.
la informo che preferisco non impegnarmi in questo senso. Lei pare sminuire il senso dell'impegno, che sarà mai? un caffè (al giorno), una pizza...
Ci mette di nuovo in mezzo il buon cuore, sempre in modo gentile, si capisce che sono di buon cuore perché le ho aperto... Mi mostra il modello da compilare con i miei dati dove c'è perfino un numero progressivo che sarebbe solo per me (wow!).
Un "No grazie" chiude la faccenda, Mi saluta con un "...gentilissimo" (va beh che non l'ho trattata male, però rispetto al suo obiettivo non sono stato molto collaborativo).

Più o meno è andata così, per come ricordo lo svolgersi.

Cercando informazioni su una emergenza Unicef o notizie riguardanti tratte di bambini in Bangladesh non trovo nulla di specifico, neanche sul sito di Unicef.
Cerco "Unicef porta a porta" e apprendo che da anni i grandi enti di beneficenza si avvalgono di "dialogatori" che operano nelle piazze, davanti ai supermercati ecc. Trovo anche qualche informazione sul porta a porta.

Insomma, pare trattarsi di ragazzi pagati (poco) per stipulare dei contratti di sostegno verso questi grandi enti.
Questi dialogatori non dipendono dagli enti ma sono arruolati da normali agenzie di marketing e usano i normali metodi usati dai venditori di altro tipo.

Mettendo insieme le cose:
- la pettorina (fa pensare a un volontario che dedica il suo tempo a una causa),
- la causa raccapricciante dei bambini rapiti,
- l'emergenza (si può fare qualcosa se si agisce subito, insieme a "tutti gli altri" che stanno rispondendo),
- le tecniche di vendita utilizzate (anche i volontari potrebbero avere una formazione da venditore),

Non mancano di sicuro le cause per cui si può aiutare il prossimi ma ho il sospetto che l'emergenza che mi è stata presentata sia inventata.
Comprendo che anche gli enti di beneficenza cerchino modi per finanziarsi ma usare, anche se non direttamente, dei "venditori" è una cosa che "mi stona". D'altro canto se si attende che le donazioni arrivino da sole, può diventare difficile tirare avanti.

Non conosco direttamente Unicef ma ritengo possa essere un valido ente umanitario in grado di impiegare bene il denaro donato. Affidandosi a "mercenari" però si mette sul piano delle compagnie telefoniche o dell'energia elettrica.
Forse la cosa che mi piace di meno è il tentativo di apparire chi non si è e di manipolare il prossimo con notizie che non trovano conferma.